Ma solo 230 ne hanno assunto uno
Ogni parlamentare riceve quattromila euro al mese per le spese di comunicazione e segreteria: ma a Montecitorio in 400 non hanno nessun portavoce contrattualizzato. Pd e Idv hanno presentato un'odg: i collaboratori siano assunti direttamente da Camera e Senato, così da non far passare i soldi dalle tasche dei politici. Le proposte sono state bocciate. Ma Pardi ci riprova: "Settimana prossima quando a Palazzo Madama arriverà la manovra"
Quattromila euro finiscono ogni mese nelle tasche di ciascuno dei mille parlamentari italiani per far fronte alle spese di segreteria e comunicazione, in pratica per i famosi portaborse. Ma da poche di quelle tasche escono per andare realmente in quelle dei collaboratori. Alla Camera su 630 deputati solamente 230 hanno assunto un assistente, con contratti a progetto e per importi medi di 700 euro. Il dato del Senato non si conosce: Palazzo Madama non lo ha mai comunicato, ma dei 315 senatori pochi non hanno un assistente personale.
L’unica cosa certa è che tra i mille parlamentari nessuno ha mai rinunciato a quello che un tempo si chiamava “fondo per la segreteria” e che oggi è stato ribattezzato nel molto più generico “fondo eletto-elettori”. 3690 euro affidati a ogni deputato che può farne ciò che vuole senza dover presentare giustificativi né ricevute né altro che dimostri l’uso che ne ha fatto. La presidenza della Camera è al corrente del malcostume che vige tra i deputati e nel 2009, dopo un’indagine dell’ufficio del lavoro, tentò di mettere un freno al lavoro in nero che gli stessi parlamentari alimentano. Gianfranco Fini vietò l’ingresso a Montecitorio a quanti non avevano un contratto regolare.
L’unica cosa certa è che tra i mille parlamentari nessuno ha mai rinunciato a quello che un tempo si chiamava “fondo per la segreteria” e che oggi è stato ribattezzato nel molto più generico “fondo eletto-elettori”. 3690 euro affidati a ogni deputato che può farne ciò che vuole senza dover presentare giustificativi né ricevute né altro che dimostri l’uso che ne ha fatto. La presidenza della Camera è al corrente del malcostume che vige tra i deputati e nel 2009, dopo un’indagine dell’ufficio del lavoro, tentò di mettere un freno al lavoro in nero che gli stessi parlamentari alimentano. Gianfranco Fini vietò l’ingresso a Montecitorio a quanti non avevano un contratto regolare.
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