giovedì 22 dicembre 2011

DIRETTIVA 1999/70/CE ( la direttiva delle bugie di tutti i ministri dal 2001- al 2011)


Principio di non discriminazione (clausola 4)


1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo

meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di

lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

2. Se del caso, si applicher. il principio del pro rata temporis.

3. Le disposizioni per l'applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle

parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi

nazionali.

4. I criteri del periodo di anzianit. di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i

lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di

periodo di anzianit. siano giustificati da motivazioni oggettive.


Misure di prevenzione degli abusi (clausola 5)


1. Per prevenire gli abusi derivanti dall'utilizzo di una successione di contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato,

gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali a norma delle leggi, dei contratti collettivi e della prassi

nazionali, e/o le parti sociali stesse, dovranno introdurre, in assenza di norme equivalenti per la prevenzione degli abusi

e in un modo che tenga conto delle esigenze di settori e/o categorie specifici di lavoratori, una o pi. misure relative a:

a) ragioni obiettive per la giustificazione del rinnovo dei suddetti contratti o rapporti;

b) la durata massima totale dei contratti o rapporti di lavoro a tempo determinato successivi;

c) il numero dei rinnovi dei suddetti contratti o rapporti.

2. Gli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali, e/o le parti sociali stesse dovranno, se del caso, stabilire a

quali condizioni i contratti e i rapporti di lavoro a tempo determinato:

a) devono essere considerati «successivi»;

b) devono essere ritenuti contratti o rapporti a tempo indeterminato.

LE BUGIE DELLA FORNERO SUL PRECARIATO " NON SONO LORO A NON VOLERE I CONTRATTI A TERMINE MA UNA SENTENZA EUROPEA "

Precariato: Miur condannato al risarcimento di 37.000 euro netti per ogni precario
Sono quattro i docenti che hanno ricorso con l’Anief al tribunale del lavoro di Torino, per l’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato e il mancato riconoscimento degli scatti biennali di anzianità. Attesa per le altre 100 cause in tutta la regione. Riscossioni per 150.000 euro.
La sentenza, ottenuta dall’avv. Rinaldi dell’Anief, condanna il Miur al pagamento di una cifra complessiva pari ad € 17.272,86 per gli scatti biennali arretrati e a 15 mensilità lorde per ogni ricorrente, quale risarcimento del danno per l’illegittimità dei termini apposti ai contratti, a cui vanno aggiunte le spese legali, che il giudice ha posto a carico dei convenuti, per un totale che supera i 150.000 euro. Atteso ora l’esito degli altri 100 ricorsi iscritti a ruolo dall’Anief presso i vari Tribunali della regione (Torino, Pinerolo, Ivrea, Saluzzo, Mondovì, Alba, Asti, Cuneo, Novara, Vercelli, Casale Monferrato, Alessandria e Biella).
Per il presidente dell’Anief, prof. Marcello Pacifico, alla fine – anche in presenza di una congiuntura economica non favorevole – il diritto non perdona all’amministrazione italiana la violazione della normativa di quella comunità europea che ci chiede la corretta tenuta dei conti pubblici ma anche la non discriminazione del personale a tempo determinato.
A distanza di quasi due anni dalla denuncia lanciata dalle pagine di Repubblica nel gennaio 2010, la campagna contro la precarietà comincia a ripagare la tenacia con cui il giovane sindacato difende i diritti di tutto il personale della scuola e a punire l’amministrazione per il ricorso sistematico alle supplenze in presenza di posti vacanti e disponibili.
Sono migliaia i ricorsi depositati dall’Anief presso i tribunali territoriali del lavoro.
Anief ricorda ai precari che è ancora possibile ricorrere ma che tutti i contratti scaduti per gli anni precedenti devono essere impugnati entro il 31 dicembre 2011, al fine della liquidazione del relativo risarcimento danni.
Per informazioni sulle modalità per ricorrere, consulta questo comunicato.
Il comunicato dell’avv. Rinaldi Comunicato Stampa GOVERNO E MIUR K.O.! La vendetta dei precari. ANIEF – Avv. Giovanni Rinaldi
Nella giornata di Venerdì, 16 dicembre 2011, presso il Tribunale del Lavoro di Torino, il Giudice, Dott.ssa Aurora Filicetti, si è espressa accogliendo il ricorso di 4 insegnanti precari. L’importante sentenza, rappresenta un grande risultato per ANIEF, associazione professionale e sindacale della Scuola, che ha patrocinato i ricorsi sostenendo ed affiancando Docenti ed Ata nell’azione per veder riconosciuti i loro diritti. I ricorsi erano tesi al riconoscimento dell’illegittima reiterazione dei contratti a tempo determinato, ed al conseguente risarcimento del danno, oltre agli scatti biennali di anzianità ed alla trasformazione dei contratti su posto vacante e disponibile con termine 30.06 in contratti al 31.08. A Biella la sede con il più alto numero di iscritti Anief in Piemonte e di Biella l’Avv. Giovanni Rinaldi che sta conducendo il contenzioso in tutto il Piemonte a favore dei Docenti ed Ata precari, che da anni lavorano nel mondo della scuola.. La sentenza suddetta, riguarda 4 docenti che hanno lavorato e lavorano in scuole superiori di Torino. “Il Giudice del Tribunale di Torino, ha dichiarato l’illegittimità del comportamento del Ministero dell’Istruzione, nel continuare ad assumere per più anni lo stesso Docente senza che il rapporto di lavoro si trasformi da Tempo Determinato a Tempo Indeterminato, e nel discriminare il lavoro a tempo determinato, non consentendo ai docenti la regolare progressione stipendiale.” riferisce l’avv. Giovanni Rinaldi, “Il nostro ricorso, inoltre, citava in giudizio non solo il Ministero dell’Istruzione ma anche il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, per la mancata attuazione, da parte dello Stato Italiano, nel comparto della scuola pubblica, della direttiva del Consiglio dell’Unione Europea 28 Giugno 1999/70/CE, ed in particolare le clausole 4 e 5 dell’allegato accordo quadro sul lavoro a tempo determinato” La sentenza suddetta condanna Miur ed il Governo al pagamento di una cifra complessiva pari ad € 17.272,86 per scatti biennali arretrati e 15 mensilità per ogni ricorrente, quale risarcimento del danno per l’illegittimità dei termini apposti ai contratti, a cui vanno aggiunte le spese legali, che il giudice ha posto a carico dei convenuti. La sentenza suddetta dovrebbe costare complessivamente al MIUR una somma superiore a € 150.000,00! La vicenda, in Piemonte, rischia di diventare veramente allarmante per il Miur considerato che la sentenza suddetta riguarda solo 4 dei ricorrenti, a fronte di più di 100 ricorsi iscritti a ruolo presso i vari Tribunali (Torino, Pinerolo, Ivrea, Saluzzo, Mondovì, Alba, Asti, Cuneo, Novara, Vercelli, Casale Monferrato, Alessandria e Biella) da parte di precari che si erano rivolti all’ANIEF. Quanto suddetto rende l’idea sulle cifre in gioco, e che per il Piemonte, vengono presumibilmente quantificate dall’Avv. Giovanni Rinaldi, in caso di conferma del predetto orientamento in circa 3/4 milioni di Euro. Somme che Ministero, in caso di soccombenza, dovrebbe pagare ai precari della scuola. Ancora una volta in quel di Viale Trastevere, quando sentono la sigla Anief, pensano subito a nuovi grattacapi. Solo due anni fa le sentenze del Tar a favore delle 8mila impugnative che si opponevano all’inserimento in coda di graduatoria dei precari storici della scuola che intendevano cambiare provincia, versione concordata addirittura dalla corte Costituzionale. Un vero Tsunami che ha costretto il Miur a fare marcia indietro, tornando ad inserire i docenti a pettine a partire da quest’anno

mercoledì 21 dicembre 2011

PIETRO ICHINO........ SECONDO VOI HA MAI LAVORATO???

Riforma del lavoro, Ichino striglia
il Pd: “Deve scegliere con chi stare”
In un'intervista il giuslavorista apre alla riforma Monti e rilancia la sua proposta. "Un anno fa il partito ne ha preso le distanze, ma gennaio sarà costretto a riflettere"
Il giuslavorista Pietro Ichino
Il governo Monti presto costringerà il Pd a scegliere da che parte stare. Con chi vuole difendere le tutele esistenti – a cominciare dall’articolo 18 – o con chi le vuole ripensare per garantire più diritti a chi oggi è fuori dal sistema, come i giovani precari e le partite Iva. “Non credo alla licenziabilità che produce lavoro”, ha detto ieri l’ex ministro del Welfare Cesare Damiano al Fatto. Gli risponde Pietro Ichino, senatore Pd, giuslavorista. Le sue posizioni sono state finora minoritarie nel Pd, ma ora sembrano coincidere con la linea del governo.

Professor Ichino, il premier Monti ha già detto che, chiusa la manovra, una delle priorità sarà la riforma del mercato del lavoro. Cosa si aspetta?Convocherà partiti, sindacati, associazioni rappresentative di parti sociali interessate e dirà loro: ‘ Dobbiamo adempiere entro maggio l’impegno con l’Unione europea: per i rapporti di lavoro che si costituiranno da qui in avanti, dobbiamo emanare una disciplina che sia applicabile davvero a tutti, per voltar pagina rispetto alla situazione attuale di apartheid fra protetti e non pro-tetti. E dobbiamo farlo senza accollare, almeno per ora, maggiori costi allo Stato. Fermi questi punti, chiunque abbia buone idee sul come fare, le metta subito sul tavolo’.


Cesare Damiano, sul Fatto di ieri, dice che queste sono sue posizioni personali e non del Pd.
Il discorso programmatico di Monti ha degli evidenti punti di contatto con il mio progetto flexsecurity. E dal maggio 2010 il Pd ha preso le distanze da questo progetto. Ma quando, a gennaio, il governo indicherà quei punti fermi della riforma, il Pd non potrà esimersi dal dire come intende risolvere il problema.


Damiano l’ha detto: non è un problema di disciplina dei licenziamenti, ma solo un problema di costi. Occorre aumentare il costo del lavoro precario ed estendere a tutti gli ammortizzatori sociali.Per gli ammortizzatori sociali, occorre anche dire dove si reperiscono i fondi. Il mio progetto risolve questo problema a costo zero per lo Stato, utilizzando meglio una parte dei fondi che oggi vengono sperperati in cassa integrazione a zero ore e a fondo perduto, per estendere a tutti un trattamento speciale di disoccupazione; e chiedendo alle imprese di farsi carico di un trattamento complementare di disoccupazione per i lavoratori che licenziano.

Lei sostiene che riformare il lavoro implica comunque una revisione della normativa sui licenziamenti. Che nel dibattito pubblico diventa “cambiare l’articolo 18”. Ma Damiano obietta: non si può abbassare le difese contro i licenziamenti in un momento di crisi come questo.
Il mio progetto non le abbassa affatto: non le tocca proprio. La riforma riguarda soltanto i nuovi rapporti che si costituiranno da qui in avanti. Per i quali non abbassa le difese, ma le rende più efficaci e soprattutto più adatte ad applicarsi davvero a tutti. È proprio in una situazione di gravissima incertezza, come questa, che le imprese sono più riluttanti ad assumere i lavoratori a tempo indeterminato e con vincoli forti al licenziamento. È proprio ora che una disciplina più flessibile è indispensabile per facilitare le assunzioni a tempo indeterminato.

Una delle perplessità sul suo progetto è che l’assicurazione per chi perde il lavoro sarebbe a carico dell’impresa. Con un aumento del costo del lavoro. Non ci sarebbe un aumento del costo del lavoro.
Oggi le imprese italiane, quando hanno necessità di sciogliere uno o più rapporti di lavoro per ragioni economiche od organizzative, affrontano un ritardo tra i due e i sei anni, a seconda delle dimensioni: un costo molto rilevante, anche se non è contabilizzato come tale. La proposta è questa: risparmiate quel costo e utilizzate una parte del risparmio per il trattamento complementare di disoccupazione a favore dei lavoratori licenziati. I costi di mercato della parte restante del trattamento, cioè dei servizi efficienti di outplacement e di riqualificazione mirata può essere coperta agevolmente dalle Regioni, attingendo anche ai contributi del Fondo Sociale Europeo.

Ma chi garantisce che le imprese non continuino ad assumere i nuovi dipendenti con la partita Iva, o con altri sotterfugi?
Nel nuovo regime non occorreranno ispettori, avvocati e giudici per accertare il lavoro subordinato, come accade oggi. I dati rilevanti perché si applichi integralmente il nuovo diritto del lavoro emergeranno direttamente dai tabulati dell’Erario o dell’Inps: carattere continuativo del rapporto, monocommittenza, reddito medio-basso del lavoratore.

Il Pd rischia di spaccarsi sul lavoro? C’è chi parla di scissioni.
No. Accadrà soltanto che l’iniziativa decisa del governo su questo terreno costringerà il Pd a una nuova riflessione approfondita. Occorrerà chiedersi, per esempio, se sia davvero meglio il periodo di prova allungato a tre anni proposto da Damiano, oppure una regola che faccia crescere gradualmente l’indennizzo a favore per il lavoratore già dopo sei mesi di rapporto. Se sia meglio l’attuale situazione in cui l’articolo 18 si applica a meno di metà della forza-lavoro e l’altra metà è totalmente scoperta; oppure la mia riforma, che estende l’articolo 18 a tutti per la parte in cui esso serve davvero, cioè la repressione delle discriminazioni, e dà a tutti un protezione di livello scandinavo contro il licenziamento per motivi economici.

In caso il governo presenti una riforma ispirata al suo modello, su quali sponde può contare, tra Pd e Pdl?Al Senato, una larga maggioranza del gruppo Pd sostiene il mio progetto. Tutte le componenti del Terzo polo lo hanno fatto proprio. E anche il Pdl è sostanzialmente disponibile. Già un anno fa il Senato si è pronunciato a larghissima maggioranza a favore di una mozione di Rutelli che impegnava il governo a varare una riforma modellata sul mio progetto. E anche alla Camera, credo che quando si entrerà nel merito della riforma si vedrà che le obiezioni “di sinistra” non riguardano, in realtà, questo progetto: si riferiscono a qualche cos’altro, che non è all’ordine del giorno.

La Cgil di Susanna Camusso potrebbe cercare una nuova grande battaglia per ritrovare un po’ di compattezza.
Non lo credo proprio. Ce la vede, lei, la Cgil a fare le barricate contro una riforma che non tocca i lavoratori regolari stabili, e a tutti i new entrant offre un rapporto a tempo indeterminato, con articolo 18 contro le discriminazioni e una protezione di livello scandinavo su tutti gli altri fronti?

BERSANI SEGRETARIO DEL PD....E ICHINO CHE NE PENSA????

Bersani: “Toccare l’articolo 18? Roba da matti. Il governo Monti lo deve capire”
Il segretario del Pd Pier Luigi Bersani
Il segretario del Partito democratico Pier Luigi Bersani prende posizione sull’articolo 18 e si schiera con i sindacati, che sono da tre giorni in aperta polemica con il governo. Il prossimo anno, sostiene Bersani, “non sarà semplice e bisogna mettere al centro le condizioni reali delle persone, l’occupazione, il lavoro, i redditi”. Per questo “è roba da matti” pensare di toccare l’articolo 18 e le norme sui licenziamenti mentre la priorità è favorire le assunzioni. “Il governo lo deve capire, lo capirà, altrimenti…”. Una frase interrotta che lascia pensare a un ultimatum al governo, anche se lo stesso segretario si affretta poi a precisare che l’appoggio a Monti non è in discussione. Il tema della riforma dello statuto dei lavoratori non è solo motivo di tensione tra Cgil, Cisl, Uil e il ministro del Lavoro Elsa Fornero, ma è anche molto dibattuto all’interno del partito stesso: domenica il giuslavorista e senatore democratico Pietro Ichino, in un’intervista al Fatto Quotidiano, ha aperto alla proposta di Monti e ha invitato il partito a riflettere e a prendere una posizione nel segno della flessibilità.

Il discorso di Bersani parte dalle previsioni economiche per i prossimi mesi: “Avremo un anno di recessione, ormai è chiaro e partiamo da livelli già bassi di occupazioni e redditi. Bisogna focalizzarsi sulla grande questione sociale. L’Italia non si salva senza cambiamento e coesione. Il paese – ha affermato – non si salva senza cambiamento e coesione, ci vogliono tutte e due le cose, pensare di salvarlo con una sola non va bene”. E coesione significa “orecchie a terra agli interlocutori sociali”. Sulla questione sociale il Pd, assicura Bersani, “riuscirà a dare qualche buon riferimento al governo. L’asset del Pd è lavoro e redditi”.

Le critiche e gli avvertimenti all’esecutivo devono far pensare a una presa di distanze rispetto all’appoggio assicurato un mese fa a Monti? Il segretario dice che non è così. “Abbiamo fatto una scelta, quella di sostenere il governo, che è stata capita” e l’impegno del Pd dovrà essere quello di continuare a farlo. “Siamo in una fase del tutto nuova, con un ruolo rilevantissimo del Parlamento e dobbiamo creare un meccanismo di contatto con la nostra gente per spiegare quello che stiamo facendo. Dovremo far capire le scelte che di volta in volta si presenteranno. Approveremo provvedimenti che magari non condividiamo al 100 per 100 e dovremo dirlo così, dovremo dire quello che ci piace, quello che non ci piace e come lo avremmo fatto noi”.

martedì 20 dicembre 2011

NON PIANGE PIU'

Fornero: “Confronto senza totem”. La rivolta dei sindacati: “L’articolo 18 non si tocca”
L'esecutivo è pronto a intervenire con determinazione sul mercato del lavoro. Il ministro, in una lunga intervista, annuncia i provvedimenti dei prossimi mesi e cita Lama: "Non voglio vincere contro mia figlia". Ma la Cgil dice: "Quella norma non si tocca, pensi alle assunzioni piuttosto che ai licenziamenti"
Il ministro del Lavoro Elsa Fornero
“Nessuno si illuda che non interverremo”. Dopo la manovra, il governo mette le mani sull’articolo 18. E lo fa, almeno nelle intenzioni, con determinazione. Lo annuncia, in una lunga intervista al Corriere della Sera, il ministro del Lavoro, Elsa Fornero. Che indica tra le priorità anche i giovani: “Basta precariato, includiamo quelli che oggi sono esclusi dal mercato del lavoro e non tuteliamo più al 100% gli iperprotetti”. Giovani e donne, spiega il ministro, sono i più penalizzati dal sistema Italia. Ma quella che viene descritta come una sorta di rivoluzione deve partire dal sistema previdenziale. “Non voglio vincere contro mia figlia”, Fornero cita il leader del Cgil, Luciano Lama. “E noi purtroppo in un certo senso abbiamo vinto contro i nostri figli”, afferma. “Ora non voglio dire che ci sia una ricetta unica precostituita, ma anche che non ci sono totem e quindi invito i sindacati a fare discussioni intellettualmente oneste e aperte”.

Netti i commenti dei vertici della Cgil, rilanciati dal sindacato di Corso Italia su Twitter e Facebook: “La recessione porta con sé disoccupazione. Davvero, ministro Fornero, facilitare i licenziamenti aiuta ad assumere? Suvvia…“; “Caro ministro Fornero, a noi è molto caro Luciano Lama, a lei sia più caro John Maynard Keynes”. E’ ferma la posizione della Cgil. La sottolinea il segretario confederale Fulvio Fammoni che ha la delega sul mercato del lavoro: “La Cgil fa sempre discussioni intellettualmente aperte ma nessuno può chiedere che il merito non sia dirimente. Se tutte le volte si parla dell’articolo 18 è chiara la direzione verso cui si vuole andare e non è un merito condivisibile”. L’articolo 18 “era l’ossessione del precedente ministro del Lavoro (Maurizio Sacconi, ndr) che ha impedito qualsiasi vera riforma. Non possiamo trovarci nella stessa situazione”.

Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, non dovrà esserci “l’aut aut” che c’è stato sulla manovra: i sindacati – chiede – non vanno esclusi dal confronto. “Se si comincia dall’articolo 18, la riforma parte già con il piede sbagliato”, dice il leader dell’Ugl Giovanni Centrella.