montegiordano sveglia
Il 30
settembre scorso, all'interno della manifestazione LABELAB Ravenna 2010 si è
tenuto il workshop “DISMISSIONE DELLE PIATTAFORME ADRIATICHE OFFSHORE:
UN'OPPORTUNITA' PER LA TUTELA DELLA NATURA ED IL TURISMO COSTIERO ATTRAVERSO
L’AFFONDAMENTO SUL FONDO MARINO DELLE PIATTAFORME OFFSHORE ENI IN
DISMISSIONE"
Organizzato dal dr. Luca
Vignoli, che propone l’idea di utilizzare le piattaforme adriatiche offshore ENI
in dismissione mettendole in posa (affondandole) sul fondo marino in modo da
creare degli hot spot di biodiversità marina fruibili al turismo costiero e
subacqueo, al workshop hanno partecipato in qualità di
relatori:
-ing. Renzo
Piantoni di ENI div. Exploration & Production
-dr. Attilio Rinaldi,
direttore della Struttura oceanografica Daphne di ARPA Emilia
Romagna
-dr. Roberto Raffaelli
vicepresidente PADI
-dr. Giovanni Fucci
presidente dell’Associazione Paguro
L’idea prende origine dal relitto
della piattaforma di estrazione metanifera ENI Paguro, esplosa ed affondata nel
1965 a largo della costa ravennate.
In virtù dell’incredibile
ricchezza di biodiversità marina attecchita spontaneamente, la zona del relitto
è stata prima definita “zona di tutela biologica statale” nel 1995 con decreti
ministeriali, e poi proprio quest’anno in data 10 febbraio, è stata istituita
quale Sito Importanza Comunitaria (SIC) dalla Giunta della Regione Emilia
Romagna, su proposta dell’Assessore Lino Zanichelli ed il contributo scientifico
dr. Rinaldi. -
www.associazionepaguro.org –
Riutilizzare le piattaforme
off-shore in dismissione per creare hot spots di biodiversità e ripopolamento
ittico, fruibili per il turismo costiero e subacqueo, sarebbe la soluzione
ambientalmente e turisticamente migliore: “I relitti delle
piattaforme diverrebbero vere e proprie oasi marine naturalistiche. Una volta
bonificate non inquinano, bensì creano un luogo ideale per il ripopolamento
ittico e la protezione della biodiversità marina: Sarebbe una soluzione
naturalisticamente vincente, e di grande richiamo turistico" …. hot spots di
biodiversità biologica, al riparo dalle reti dei pescatori, e paradiso sommerso
per i turisti appassionati subacquei o della pesca sportiva.”
Come dicevamo di piattaforme
offshore tra Comacchio e Rimini ce ne sono circa 50 ed oltre 80 in tutto
l’Adriatico; e per legge Eni, una volta esaurita la concessione
mineraria, è obbligata a bonificare i siti di estrazione ed a smaltire le
piattaforme dismesse. E questo al momento significherebbe solo una cosa.
Riportarle a terra e smantellarle per inviarne i pezzi al ferrovecchio.
In tanti hanno proposto
soluzioni alternative di vario genere: dall’installarvi sopra delle pale
eoliche, sino addirittura al costruirvi sopra degli alberghi di lusso.
Affondarle in maniera pianificata significherebbe invece mettere a disposizione
del mare una struttura d’attecchimento e colonizzazione biologica perfetta che
in breve tempo evolverebbe a vera e propria oasi marina sommersa.
Un’esperienza già sperimentata
con successo negli Stati Uniti, in Australia ed in molti altre nazioni a
vocazione marino turistica. Ed in Italia non sarebbe nemmeno un’assoluta novità…
In diverse località costiere italiane, a seguito dell’affondamento di navi
spesso le popolazioni locali si sono mobilitate al fine di evitarne il recupero
a terra da parte delle autorità. Qualche anno dopo l’affondamento succede che il
pescato aumenta, ed i turisti subacquei pure (categoria che spende, ndr).
Ma ora, tornando all’Adriatico,
è bene sapere che in realtà, nonostante i suoi pochi colori, l’adriatico è un
bacino biologicamente fertilissimo; molto più del Tirreno. Innazitutto grazie
sia ai nutrienti portati dal Po che alla sua conformazione geomorfologica. Il
“problema” del nostro mare, da un punto di vista per così dire naturalistico, è
il fondale sabbioso. Non permette agli organismi di attecchire e fissarsi, e
quindi di creare comunità biologiche fisse geograficamente stabili, evolvibili
nel tempo. Qualsiasi altra superficie solida, invece, diventa un ‘punto caldo’
in cui la biodiversità può attecchire e, a velocità esponenziale,
proliferare.
Ed è a questo punto che
entrerebbero in gioco le piattaforme dismesse, bonificate e poi affondate:
materiali diversi, a differenti profondità e a gradi di esposizione luminosa
variabile. Un habitat ideale per flora e fauna marina, di tutti i generi e
specie ... dalle microalghe, agli anemoni, crostacei, …. sino
alle corvine, astici, aragoste, orate, saraghi, gronchi e boghe,
ecc… Luoghi perfetti per tutte le creature marine per nascondersi, cacciare,
cibarsi, deporre le uova, riprodursi...
Basti pensare al relitto della
Haven, di fronte ad Arenzano (La Spezia). La petroliera incendiata ed
inabissatasi davanti la costa dopo alcuni anni è tornata a nuova vita
colonizzata da tantissime creature marine di tutti i generi e specie; ma non
solo: ora il sito è meta di turisti subacquei esperti provenienti da tutta
Europa. Una singola immersione può arrivare a costare sino a 100 euro. E pure i
ristoranti e gli alberghi non piangono.
E così necessariamente è giusto
tornare al nostro esempio più conosciuto in mar Adriatico: il relitto della
piattaforma Paguro. Il relitto è divenuto anch’esso, come la Haven, meta
privilegiata per gli appassionati di immersioni. In 10 anni vi si
sono raggiunte quota 40mila immersioni. La struttura è ad un’ora di navigazione
dalla Marina di Ravenna e raggiunge la profondità massima di 32 metri…
Ogni escursione costa dai 35 ai 50 euro a persona; è facile immaginare il
boom turistico-economico che si creerebbe con un parco subacqueo che collega
tutte le piattaforme adriatiche dimesse e affondate”.
Un ‘Adriatic Reef”, una rete
ecologica artificiale subacquea dell’Adriatico”, fruibile al turismo subacqueo,
naturalistico e sportivo. Un parco unico nel suo genere, che offrirebbe alla
riviera romagnola, un’ altra attrattiva molto affascinante insieme a movida e
ombrellone.
Una volta inabissate e
stabilizzate, le immersioni possono cominciare fin da subito e, dopo 10 anni
dall’affondamento, si potrà ammirare un ambiente analogo a quello del
Paguro.
Attualmente in mare Adriatico
sono attive circa 80 piattaforme di estrazione metanifera off-shore:
ora, se all’atto della loro
dismissione esse verranno tutte trasportate a terra e poi smantellate, tra 20-30
anni al posto delle piattaforme ci saranno 80 residui di buchi nella
sabbia; se invece si seguisse la presente proposta tra qualche
decina di anni potremmo avere 80 oasi marine di ripopolamento biologico talmente
vicine da poter creare una vera, e preziosissima, rete ecologica marina,
addiruttura fruibile turisticamente.
copiato da internet ..basta poco chi c'è vo'
salerno giuseppe